ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Gli altri risvolti economici della guerra
 
di Rino Lodato

L'11 settembre, l'Afghanistan, l'Iraq. Sembra stare tutta in queste battute l'equazione "crisi economica-petrolio".

LE TWIN TOWERS
"Non permetteremo che questa tragedia comprometta l'economia globale: monitoreremo gli sviluppi economici e i mercati finanziari attentamente. Siamo pronti a prendere ulteriori misure, se necessario". Un comunicato di poche battute, scelte nel linguaggio secco e burocratico richiesto nei momenti di crisi. Così i ministri finanziari e i governatori delle banche centrali dei Sette paesi più industrializzati lanciavano un segnale forte per riportare la calma in uno scenario mondiale dove, dopo l'attacco terrorista all'America, cresceva, di ora in ora, l'allarme recessione. I leader del G7 si muovevano immediatamente con un intervento concordato subito dopo che il primo Boeing del terrore si era schiantato contro le Twin Towers newyorkesi. Prima la Federal Reserve, poi la Banca centrale europea avevano, infatti, annunciato di essere pronte a immettere sui mercati tutta la liquidità necessaria, in sintonia con le banche centrali di ogni continente, dal Giappone all'Australia, dalla Thailandia alla Corea.
Era tutto finito? Assolutamente no. Anzi il "bello" (si fa per dire) doveva arrivare.
Non a torto gli economisti (definiti da qualcuno Cassandre delle Torri) predicavano che sarebbe arrivata, inevitabile, una recessione economica, dettata dal crollo dei consumi, crollo che, ha inciso sul prodotto interno lordo dei paesi, Italia compresa.
Ma l'11 settembre è una data che può essere presa in esame come concausa di un momento economico in flessione, dopo i record a getto continuo degli anni Novanta. Una tesi non peregrina, anzi condivisa da molti esperti, secondo cui, a parte alcuni settori specifici toccati in maniera maggiore dagli attentati terroristici, a spingere in basso l'economia statunitense sono stati la difficile uscita dalla recessione creata dallo scoppio della bolla Internet, l'inatteso naufragio del settore delle telecomunicazioni e, soprattutto, la serie di scandali finanziari succedutisi alla bancarotta di Enron.

AFGHANISTAN
Bin Laden non si trova e la nazione stenta a trovare un equilibrio. Anzi, proprio alla fine dello scorso ottobre, sono tornati gli attentati.

IRAQ
Saddam è stato arrestato, ma, dopo la guerra, non si può dire che sia scoppiata la pace. Gli attacchi terroristici sono all'ordine del giorno e, spesso, vanno a colpire i pozzi petroliferi, bloccando l'estrazione.
Il petrolio. Questa dovrebbe essere la chiave che apre il cassetto delle economie mondiali. Un cassetto in crisi, dove soltanto gli Stati Uniti d'America, grazie alle elezioni presidenziali, sono apparsi più resistenti, anzi in netto progresso. A parte il deficit federale enorme.

IL PETROLIO
L'oro nero, come si definisce ormai il petrolio, è risultato il padre padrone dell'economia mondiale. Le enormi richieste provenienti dalla Cina (dove il prodotto interno lordo è cresciuto nei primi nove mesi di quest'anno del 9,5%, cioè cinque volte superiore a quello di Eurolandia) e dall'India, hanno progressivamente fatto segnare al greggio nuovi record, ben oltre quelli degli anni '90, quando scoppiò la prima guerra in Iraq.
Ogni giorno un record. E ogni giorno previsioni degli analisti per nuovi traguardi. Con un'evidente percezione che per ogni centesimo di aumento si sarebbe verificata un'ulteriore rallentamento della crescita economica mondiale. L'energia, oggi ancora largamente disponibile, diventerà alla lunga un serio problema per tutti. A maggior ragione per un paese, come gli Stati Uniti, che si pone come priorità strategica quella di mantenere il ruolo di superpotenza solitaria, priva di avversari tali da metterne in discussione, sotto il profilo economico e militare, l'attuale, indiscussa, leadership. In tal caso l'accesso alle fonti d'energia è un problema centrale della politica estera. Attualmente, gli Usa importano circa il 55% dei loro fabbisogni di energia, ma questa quota è destinata a salire ad oltre il 65% nel 2020, quando i consumi energetici globali, secondo stime, saliranno di oltre il 50% rispetto ai livelli attuali; e gran parte di questa quota oggi dipende dal Medio Oriente, dall'Arabia Saudita in primis.

L'ITALIA E L'ENERGIA
Da queste parti non stiamo meglio.Il presidente dell'Enel, Pietro Gnudi, mi diceva, giorni fa, nel corso di un'intervista pubblicata su "La Sicilia", che in tutto il mondo, quando si parla di elettricità ci si riferisce per il 60-70% a carbone e nucleare come fonte. E aggiungeva che in Italia, invece, continuiamo a produrre più del 60% della nostra elettricità bruciando idrocarburi. Una scelta che non solo ci ha esposti e ci espone ai rialzi del prezzo del barile, ma che ci condanna anche a dipendere da pochi paesi fornitori che certo non sono portabandiera di stabilità politica. Se vogliamo ridurre il costo della bolletta energetica, dunque, dobbiamo pensare a fonti alternative, cioè il carbone, le fonti rinnovabili, come l'idroelettrico, il geotermico, l'eolico e il solare. Una speranza per la Sicilia, visto che intorno alla centrale Enel di Priolo Gargallo sorgerà il più grande impianto solare termico europeo che realizza un sogno del premio Nobel, Carlo Rubbia.

 

INFLAZIONE REALE E PERCEPITA
La crisi generale dell'economia ha prodotto, come era nelle attese, un calo dell'inflazione, almeno di quella ufficiale. Perché quella percepita è rimasta sempre su livelli elevati. Il calo del tasso inflativo in Italia, lo ha riconosciuto anche l'Istat, è però dovuto principalmente al contestuale calo dei consumi. Perfino di quelli alimentari. L'italiano, insomma, sta vivendo una delle crisi più nere dal 1929 e, messo alle strette da prezzi esorbitanti in tutti i settori, non potendo acquistare prodotti e beni, sta contribuendo ad un ulteriore avvitamento su sè stessa di un'economia già fin troppo fragile.

POKER AL BUIO
Ci chiediamo adesso chi ha truccato le carte. Se siano stati gli industriali o i commercianti. Ci chiediamo dove la filiera abbia fatto acqua. Ma chi ha speculato, dopo o in concomitanza, con l'entrata in vigore dell'euro? Chi ha speculato dopo l'attacco alle Twin Towers? Chi ha speculato dopo le guerre in Afghanistan e in Iraq? Chi ha speculato sugli immobili, facendo salire i prezzi in maniera abnorme? Chi ha speculato sul prezzo dei carburanti? Tutto è stato raddoppiato.O addirittura triplicato. La mancanza di stime precise è dovuta forse alla difficoltà di quantificare gli eventi: come diceva Keynes "è meglio indicare cifre vagamente esatte che offrire stime precise totalmente errate". L'Istat dovrebbe imparare.

MEA CULPA
Ma nessuno ha il coraggio di attribuirsi la colpa dell'aumento dei prezzi. Nessuno vuol fare marcia indietro. Il governo, assente fino a ieri, adesso si accorge della crisi e concorda con la grande distribuzione "prezzi fermi fino a Natale". Attenzione: non diminuzione di una parte degli aumenti ingiustificati, ma prezzi fermi. Poi, dal 2005, la corsa può riprendere. Ma forse, anzi certamente, qualcuno ha tirato la corda un po' troppo. Sta di fatto che chi ha speculato a destra e a manca certamente non ha pensato alle possibili conseguenze nefaste. Non ha pensato di aver creato una bolla. Che alla fine scoppierà, coinvolgendo tutti. Nessuno escluso.