ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Trasporti

L’Isola Sicilia

di Tony Zermo

La Sicilia isolata, sempre più isola, almeno per un periodo di due anni. E c'è poco da sbattere la testa perché non ci sono alternative al trappolone della Salerno-Reggio Calabria dove sono cominciati i lavori, nel tratto Scilla-Bagnara, per realizzare le tre corsie più quella di emergenza. Quando saranno conclusi i lavori, sarà bello andare in auto verso il Nord e per i turisti scendere in Sicilia percorrendo un'autostrada come si deve, c'è però il fatto che questi lavori dicono che dureranno quattro anni. E sapete come il ministro dei Trasporti Bianchi pensa di risolvere la situazione? Stanziando 40 milioni di euro per il traghettamento privato nello Stretto. Cioè invece di venire incontro ai disagi degli autotrasportatori, il ministro va sostanzialmente incontro alla società privata di traghettamento, un vassallaggio che la Sicilia subisce da oltre mezzo secolo.

E quand'anche finissero i lavori sull'autostrada resterà l'intoppo del Ponte, che non serve per risparmiare mezz'ora di attesa con i traghetti privati, ma per fare arrivare l'alta velocità ferroviaria come nel resto d'Italia e in tutta Europa. Quello che nessuno vuol capire è che il Ponte si paga da solo e che quindi dire che «non ci sono i soldi, perché servono ad altre priorità» è una balla grande quanto l'Etna.

Facciamo i conti. I traghetti dello Stato perdono 120-150 milioni di euro l'anno. Le Ferrovie avevano stipulato con la soppressa società «Stretto di Messina» un accordo per il passaggio dei treni sul costruendo Ponte in base al quale avrebbero pagato 100 milioni di euro per 30 anni, pari a 3 miliardi. Con ciò facendo, le Ferrovie risparmiavano sul deficit annuale dei traghetti dello Stato e la società «Stretto di Messina» avrebbe intascato metà della somma necessaria alla realizzazione dell'opera. È chiaro tutto questo? Aggiungete che il resto della somma necessaria sarebbe arrivata abbondantemente dai pedaggi, che la vita del Ponte è calcolata in due secoli, questo spiega perché grandi gruppi internazionali sono interessati alla costruzione. Non solo perché è una bella impresa, ma perché ci guadagnano, anche come immagine. Lasciamo stare se sarà, oppure no l'«ottava meraviglia del mondo», il fatto concreto è che il Ponte allo Stato non costerebbe niente, risparmierebbe sui traghetti pubblici, darebbe impulso ai traffici e al turismo del profondo sud e azzererebbe il gap infrastrutturale. Torniamo all'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Cosa dice l'ineffabile ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, proprio quello che definì il Ponte «inutile e faraonico»? Dice che «il rischio che si presenta è quello di una oggettiva difficoltà che resterà per alcuni anni nei collegamenti tra Sicilia e Continente». Alcuni anni, quanti? Il ministro non lo ha saputo precisare. Però alla commissione Trasporti della Camera ha detto che «il governo sta affrontando il problema con i fondi già disponibili, che stiamo impegnando per evitare queste difficoltà, per fare in modo che su quella tratta vi sia un flusso di veicoli, soprattutto quelli pesanti, il più basso possibile, cercando di promuovere e valorizzare alternative via mare». Bianchi ha spiegato che «promuoverà linee marittime nuove come Catania-Taranto, che già esisteva, ma che attualmente è in sofferenza e che ora pensiamo di incrementare». Ma la tratta Catania-Taranto è «in sofferenza» perché la utilizzavano in pochi, per questo era stata soppressa. Ora il ministro che vuol fare, farla rivivere quando non serve? Semmai possono essere utili gli approdi a Gioia Tauro e a Vibo Valentia marina.

Ha detto ancora Bianchi: «Puntiamo a un incremento dell'aeroporto di Catania per le merci e a quello di Reggio Calabria per i passeggeri». Lo immaginate i passeggeri siciliani che si partono magari da Racalmuto o da Licata che in auto raggiungono Reggio Calabria per prendere l'aereo?

L'ultima chicca è stata che nel 2006 il traffico merci sulle strade, invece di diminuire, è salito dall'80 all'86%. E lo sbandierato programma per realizzare le «autostrade del mare» che fine ha fatto? Dobbiamo aspettare che il ministro Bianchi decida come spartire e a chi spartire i 40 milioni di euro previsti nel decreto allegato alla Finanziaria? E se poi il personale dei traghetti privati si mette a scioperare come ha fatto nei mesi scorsi succede che tutta questa elargizione di denaro non serve a nulla. Insomma, a Roma lo vogliono capire che in Sicilia ci sono cinque milioni di abitanti, di italiani, che si sono rotti di dover combattere con i traghetti, con i treni scassati, con tutto quello che li blocca nello sviluppo e nella mobilità?