ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Agricoltura

Dal nuovo Piano di sviluppo rurale nuove opportunità per l’Isola

di Vittorio Romano

- Assessore Interlandi, cosa sta facendo la Regione Sicilia per la promozione e l’attuazione di politiche di sviluppo sostenibile?

“La questione della sostenibilità delle politiche di sviluppo è uno dei temi centrali che hanno caratterizzato la mia azione politica, sin dal mio insediamento al Territorio e Ambiente nel luglio 2006. Imporla nel dibattito politico e tradurla in azioni concrete nell’attività amministrativa ha richiesto tempo, quello necessario a far maturare una nuova consapevolezza rispetto a schemi e modi di operare consolidati ma incancreniti, ma posso dire che il lavoro svolto sta cominciando a produrre risultati. Penso ad esempio alla Rete Ecologica Siciliana, o al Rapporto con i Comuni e le Comunità Montane, dove si conserva l’identità siciliana, dimostrazione concreta di come si possa rendere effettivo il principio della partecipazione delle comunità locali ai processi di definizione delle strategie”.

- Ma è davvero possibile perseguire in Sicilia l’obiettivo della sostenibilità, intesa come efficienza economica, equità sociale ed eredità generazionale nell’accesso alle risorse?

“Non solo è possibile, ma è un dovere preciso delle classe dirigente. Nessuna seria politica di sviluppo può prescindere dall’assumere la sostenibilità quale suo presupposto. È necessario però che la politica accetti in pieno la sfida, che è quella di compiere una radicale rivoluzione rispetto al modello economico attuato sinora”.

- E per quanto riguarda l’attuazione dell’Agenda 21 a livello locale, come si colloca la Sicilia?

“Credo di poter dire che siamo all’avanguardia. I processi di Agenda 21 sono uno straordinario strumento di democrazia partecipata, utili a tradurre in fatti la volontà di sostenibilità ambientale. Proprio in queste settimane gli uffici dell’assessorato hanno definito la procedura da seguire per renderli effettivi, con uno sforzo che non può essere disatteso ma che dovrà tradursi in una applicazione precisa, puntuale ed efficiente”.

- Come si può coniugare sviluppo industriale ed economico con la tutela ambientale? Quali sono le direttrici di sviluppo su cui si può orientare la Sicilia nel rispetto del paradigma della sostenibilità?

“Quando prima parlavo di radicale rivoluzione mi riferivo proprio a questo. Il modello di sviluppo industriale applicato dalla fine della guerra ad oggi, è fallito, ma l’eredità lasciata è pesante. Alcuni dei tratti costieri più belli della nostra Isola, da Milazzo, a Priolo, Marina di Melilli, Gela, sono irrimediabilmente compromessi dagli insediamenti petrolchimici, che hanno prodotto un disastro ambientale e sanitario. Prendiamo ad esempio Gela: i dati sulle malformazioni neonatali e sull’incidenza tumorale stanno tristemente a dimostrare che esiste una relazione indiscutibile tra i dati della mortalità per queste patologie e l’emissioni atmosferiche velenose che impestano l’aria. Uno scempio prodotto negli anni e nel silenzio connivente di una classe politica che si è ritirata di fronte al ricatto occupazionale di aziende prive di scrupoli, che pur di realizzare utili continuano ad inquinare l’aria con il petcoke. Quello che oggi resta sono poche centinaia di posti di lavoro e danni irreparabili”.

- In particolare, come si può conciliare l’incremento delle presenze turistiche con la salvaguardia degli equilibri ambientali, al fine di arginare la congestione delle coste, il depauperamento dell’entroterra e il degrado paesaggistico?

“Io ritengo che il territorio sia la principale risorsa che abbiamo a disposizione. Siamo la regione con il più alto numero di Riserve, Zone Sic e Zps, che non sono un limite per lo sviluppo e per l’economia, come spesso in passato e stato sostenuto, un messaggio questo che purtroppo è stato accolto anche dalle popolazioni locali. Per fortuna, oggi la situazione sta cambiando. Le Riserve Naturali, siano esse regionali, statali o comunitarie, rappresentano un’occasione di sviluppo, per l’economia e per incrementare i flussi turistici dei territori interessati, e di garanzia che questo possa avvenire nel rispetto di un quadro normativo certo, qual è quello dato dalle prescrizioni poste a salvaguardia delle zone tutelate”.

- E come si possono conciliare le grandi infrastrutture con il rispetto dell’ambiente? Per dirne una, ponte sullo stretto e tutela ambientale sono davvero incompatibili? Non si rischia di scadere nell’ecologismo e precludere importanti possibilità di sviluppo? Quali potrebbero essere le alternative?

“Essere ecologisti non significa dire sempre no, in maniera pregiudiziale. Piuttosto la vocazione ecologista deve essere misurata sul campo, proponendo una sensibilità diversa e sperimentandola nella capacità di influenzare le scelte. Essere ostili per principio a qualunque progetto di infrastrutture spesso rende poco credibili le battaglie ecologiste, ingrossando quel partito del No che è la principale causa dell’immobilismo. Per quanto riguarda il Ponte, non vedo quale possa essere il pericolo per la tutela ambientale proveniente dalla sua costruzione. Sono due i parametri da rispettare: convenienza, economica per i siciliani, e sicurezza per l’ambiente e la salute dei cittadini”.

- Quali potenzialità riservano le fonti alternative di energie in Sicilia?

“In una parola, sono il futuro per la nostra Terra. A condizione che il quadro normativo sia certo. Io non sono contro il fotovoltaico e l’eolico, ma contro la proliferazione selvaggia ed indiscriminata a cui si è assistito in questi mesi. Soprattutto per l’eolico, con il risultato che a beneficiarne sono solo i gestori degli impianti, senza alcun ritorno economico per la popolazione, ad esempio in termini di costo dell’energia, e con il massacro del paesaggio. Per questo lo sfruttamento delle energie alternative va ricondotto dentro un quadro normativo definito, quello del Piano Energetico Ambientale Regionale. Detto questo si tratta di due risorse straordinarie. Pensiamo ad esempio il fotovoltaico: già in altri paesi europei, che non hanno certamente un numero di ore di esposizione solare minimamente paragonabile alle nostre, gli uffici pubblici sono autosufficienti grazie ai pannelli solari. Presto anche noi dovremo arrivare a questo livello, non solo per gli edifici pubblici, ma pure per le abitazioni private”.

- In relazione ai danni ambientali causati dalle attività produttive, in Sicilia è stato superato il principio “chi inquina paga”? Riesce ad attecchire una politica ambientale improntata a un approccio preventivo che preveda l’internalizzazione dei costi ambientali nelle stesse attività produttive?

“Il mio discorso è molto più drastico. Che le aziende comincino a seguire una politica di contenimento dell’emissioni e di riqualificazione, bonifica dei territori colpiti dal danno ambientale, può essere considerato positivamente, ma non è certo l’obiettivo finale. Bisogna pensare un modello alternativo di sviluppo, che prescinda dagli insediamenti industriali inquinanti e guardi alle specificità dei territori. I controlli comunque devono essere potenziali, così come deve essere potenziata la comunicazione nei confronti della popolazione, perché questa sia sempre più consapevole di quale sia l’attività delle aziende inquinanti e quindi delle conseguenze per le matrici ambientali (acqua, aria e suolo)”.

- E per quanto riguarda i singoli individui, è davvero possibile educare alla sostenibilità? Quali programmi di educazione e formazione sono previsti per le giovani generazioni?

“Partecipazione e sostenibilità sono le due parole chiave con le quali dobbiamo imparare a confrontarci, quando pensiamo all’elaborazione delle strategie di politica ambientale per il futuro. Non ci può essere nessuna visione dell’ambiente, a maggior ragione se si tratta di un contesto come quello siciliano, dalle mille specificità che ne determinano la ricchezza ma anche la complessità delle questioni coinvolte, che prescinda da una impostazione coniugata sulle coordinate della partecipazione e della sostenibilità. Per centrare questo obiettivo è necessario che la classe politica accolga la scommessa, che non è solo quella di realizzare un nuovo modo di amministrare: è soprattutto quella di attivare una grande campagna di sensibilizzazione, rivolta soprattutto alle nuove generazioni, perché acquistino una nuova consapevolezza su questioni che sono decisive per il loro futuro. Penso, quindi, a progetti come quello delle Fattorie Didattiche, promosso dall’Arpa, incentrato proprio sulle questioni dello sostenibilità e della partecipazione. Senza dimenticare i risultati positivi prodotti proprio dall’attivazione dei processi di Agenda 21, e dalla campagna di comunicazione Infea”.