ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Le colate laviche e i “cuccidateddi” del Santo patrono

La storia di Camporotondo Etneo è stata segnata, come quella di molti altri paesi che si trovano alle falde dell’Etna, dalle colate laviche del vulcano. Ancora oggi attorno al centro abitato numerose zone sono caratterizzate dal tipico paesaggio sciaroso, testimone dei segni lasciati dalla colata lavica che nel 1669 travolse buona parte dell’antico villaggio.

La lava distrusse anche la Chiesa Madre dedicata alla Madonna degli Ammalati, che probabilmente si trovava in prossimità dell’attuale cimitero. Il titolo di Maria Salus Infirmorum risulta da un registro di battesimi datato prima del 1669 e conservato presso l’archivio della parrocchia.

I battesimi che iniziano dal 1669 riportano Sant’Antonio Abate come titolare della chiesa. Da allora i camporotondesi hanno cominciato a raccogliersi e celebrare le loro feste in questo luogo.

Negli anni successivi le numerose colate laviche hanno costretto molti abitanti a fuggire da Camporotondo e a rifugiarsi a Catania. Lo testimonia anche il calo del numero dei battesimi in quel periodo.

Ma la gente rimasta a Camporotondo aveva voglia di non arrendersi e di continuare a vivere nel proprio paese. È per questo che gli abitanti rimasti hanno cominciato a utilizzare la lava solidificata come materiale da costruzione. Ancora oggi i muri costruiti in pietra lavica caratterizzano molte abitazioni di campagna o vengono utilizzati per delimitare le proprietà contadine.

È in questi anni che cresce notevolmente la devozione a Sant’Antonio Abate.


Il patrono del paese: Sant’Antonio Abate

Il forte legame con la terra è stato probabilmente la ragione che ha determinato la scelta del patrono in Sant’Antonio Abate, esempio di vita condotta nel segno di preghiera, lavoro, povertà e castità.

Al Santo protettore venne dedicata una parte del territorio che era stata completamente distrutta dalla lava che da allora prese il nome di “Sant’Antonio l’Eremita”, dove oggi si trova il complesso di case popolari e una chiesa di recente costruzione.

La chiesa a lui intitolata subì numerosi danni a causa del terremoto del 1693, testimoniato dai numerosi calcinacci rinvenuti durante il rifacimento del pavimento. Ma nel tempo la struttura è stata modificata più volte. Uno degli interventi più importanti risale al 1935 quando la chiesa venne privata della cappella del Crocifisso e della nicchia di Sant’Antonio, spostate sul fianco sinistro della costruzione per fare posto alla casa parrocchiale. La chiesa è di notevole interesse architettonico con forme imponenti e, all’interno, opere pittoriche di Sebastiano Conti Consoli e stucchi di Recupero da Pedara e Vincenzo Cardillo.

Ovviamente non poteva mancare una festa in onore del patrono festeggiato in due occasioni nell’arco di un anno.

I Camporotondesi rendono omaggio al Santo il 17 gennaio e lo “ringraziano” la prima domenica per averli protetti dai bombardamenti a opera degli alleati il 6 agosto del 1943.

Ne è una testimonianza la scritta che si trova sull’abside nella chiesa madre: “D.O.M. et divo Antonio ob acceptam incolumitatem a periculis novissimi belli pergrati cives A. D. MCMXLIV ”.

Legata ai festeggiamenti del patrono è la processione della reliquia, ossia di una parte del corpo del Santo custodita in una teca d’argento che attraversa le strade in festa del paese. Durante la processione una fase particolarmente delicata e importante è rappresentata dalla “calata della sciara”, quando il fercolo con la statua di Sant’Antonio Abate attraversa una ripidissima discesa.

Processione allietata dalle sfilate e dalle esibizioni degli sbandieratori e dai musici dell’”Associazione culturale Leoni Reali” di Camporotondo Etneo.

In passato la processione veniva caratterizzata dalla presenza di altarini predisposti lungo le strade in cui passava il fercolo. Ognuno di essi riproponeva con personaggi viventi alcune fasi della vita di Cristo e rappresentavano oggetto di richiamo per i visitatori provenienti dagli altri paesi.

Largo spazio anche alla creatività. In occasione della festa del 17 gennaio vengono distribuiti i pani detti “cuccidateddi” di Sant’Antonio, dalla tipica forma circolare, con la riproduzione di spine sulla parte superiore. Non solo. I fornai si dilettano a creare pani dalle svariate forme che vengono sorteggiati alla fine della Messa.

Durante i festeggiamenti estivi di Sant’Antonio Abate vengono, invece, rievocate altre tradizioni, come la rappresentazione teatrale della vita del Santo interpretata dai giovani del paese.

L’immagine del Santo è sempre stata legata al territorio, alle sue vigne e ai suoi oliveti. Così si racconta che l’oliveto lungo le strade di campagna sia di S. Antonio Abate e che il denaro ottenuto dalla vendita dell’olio venisse utilizzato per organizzare la festa del patrono.

Un’altra curiosa tradizione legata a Sant’Antonio racconta dell’usanza di lasciare libero per la città un maiale, di farlo mantenere dai cittadini e di usare il ricavato della sua vendita sempre per la festa.